NUOVO PROGRAMMA DI EDILIZIA SOCIALE /
A NEW PROGRAMME OF SOCIAL HOUSING
Siamo finalmente lieti di presentare
la "Cooperativa di Edilizia Residenziale Porta Fiorentina "
che opera nel settore dal 1980.
Rinnovata radicalmente nelle intenzioni, presenta un Nuovo Programma di Edilizia Sociale.
Qui sotto potete consultare la brochure aggiornata.
We are finally glad to present
the "Porta Fiorentina's Housing Cooperativa"
working in the field since 1980.
Renowed radically in the intentions, presents a New Programme of Social Housing.
Below you can see the updated brochure.
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EDILIZIA SOCIALE / SOCIAL HOUSING ESTATES
Progetto di un piano integrato di riqualificazione urbana e ambientale
Project: Integrated plan of urban and environmental re-qualification
ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL PROGETTO
KEY FEATURES OF THE PROJECT
a) Esigenze affrontate dal progetto
a) Project Requirements
Sono quelle che scaturiscono da un’attenta visione delle realtà economiche locali e internazionali e che possano essere risolte nell’ottica di un miglioramento delle modalità di vita degli utenti con ottimizzazione delle risorse a disposizione e gestione del territorio che implichi una visione olistica degli interventi.
The project attempts to carefully find a local and international economic vision to improve the general lifestyle while optimizing the usage of available resources.
b) Obiettivi
b) Aims
Realizzare alloggi "a misura d’uomo", a basso costo, inseriti in un contesto con servizi in linea con esigenze attuali di vita e di lavoro, con “modularità” delle superfici e degli spazi che possano prevedere le variazioni numeriche di un nucleo familiare.
The idea is to realize "man-size" living spaces at low cost, into a context provided with corresponding services for current living and working conditions. These “Modular” areas and spaces could prevent variation in family member number.
c) Principali attività previste
c) Main activities planned
Sono quelle che riguardano l’ambito dei servizi di quartiere:
Related to districts services:
d) Elementi di novità
d) Innovative ideas
Roberto Fontecedro / Ingegnere / Engineer
Enrico Fontecedro / Architetto / Architect
p. s. Many thanks to Margherita Vestri and Kirk Peterkin for the translation support
Progetto di un piano integrato di riqualificazione urbana e ambientale
Project: Integrated plan of urban and environmental re-qualification
ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL PROGETTO
KEY FEATURES OF THE PROJECT
a) Esigenze affrontate dal progetto
a) Project Requirements
Sono quelle che scaturiscono da un’attenta visione delle realtà economiche locali e internazionali e che possano essere risolte nell’ottica di un miglioramento delle modalità di vita degli utenti con ottimizzazione delle risorse a disposizione e gestione del territorio che implichi una visione olistica degli interventi.
The project attempts to carefully find a local and international economic vision to improve the general lifestyle while optimizing the usage of available resources.
b) Obiettivi
b) Aims
Realizzare alloggi "a misura d’uomo", a basso costo, inseriti in un contesto con servizi in linea con esigenze attuali di vita e di lavoro, con “modularità” delle superfici e degli spazi che possano prevedere le variazioni numeriche di un nucleo familiare.
The idea is to realize "man-size" living spaces at low cost, into a context provided with corresponding services for current living and working conditions. These “Modular” areas and spaces could prevent variation in family member number.
c) Principali attività previste
c) Main activities planned
Sono quelle che riguardano l’ambito dei servizi di quartiere:
Related to districts services:
- Gestione dell’energia di quartiere / Energy management
- Gestione delle risorse idriche / Water resources management
- Gestione dei rifiuti / Disposal of waste material
- Gestione delle opere di manutenzione e riparazione / Maintenance and repair management
- Gestione delle comunità per anziani / Community management for the elderly people
- Gestione delle attività della prima infanzia / Management of the activities for early childhood
- Gestione delle risorse alimentari e produttive a livello locale / Resouces for food and local produce
- Gestione di alloggi da cedere in locazione / House rental management
- Gestione del verde pubblico ad uso privato / Cultivation of Green public and private space management
d) Elementi di novità
d) Innovative ideas
- Gestione delle coltivazioni di prodotti ortofrutticoli con orti domestici sia sul verde privato che su quello pubblico ad uso privato.
- Vegetable gardens and kitchen gardens in private or common green space
- Possibilità di prevedere, per una parte di volumetria, la gestione di un cantiere di "auto-costruzione" a livello sperimentale (con elementi strutturali in legno o legno e acciaio di facile montaggio) di mini alloggi per persone singole o giovani coppie da inserire poi in un “programma” che preveda la vendita o locazione degli stessi in seguito alle mutate esigenze dei nuclei familiari e quindi ad una possibile “rotazione di alloggi” a livello di quartiere.
- Provide the district with an area for rotating flexible housing, based upon easily assembled structural elements in wood and steel, which can be customized temporary requirements of changing families.
Roberto Fontecedro / Ingegnere / Engineer
Enrico Fontecedro / Architetto / Architect
p. s. Many thanks to Margherita Vestri and Kirk Peterkin for the translation support
"Uscire dalla crisi degli alloggi" / "Recovering from the housing crisis"
art by Jon Han
art by Jon Han
APPUNTI DI SOCIOLOGIA URBANA /
NOTES ON URBAN SOCIOLOGY
La constatazione del progressivo degrado della vita metropolitana nella società industriale avanzata, negli anni ’80 del secolo appena trascorso ha condotto ad una serie di riflessioni sulla qualità della vita urbana ma anche a vari tentativi di risposta da parte di progettisti e policy makers, convinti della necessità di offrire soluzioni abitative alternative.
Sostanzialmente la crisi della città deriva da tre fenomeni in progressiva dilatazione: innanzitutto, dall’inquinamento atmosferico dovuto al costante incremento del traffico e dell’abuso energetico; in secondo luogo, dall’aumento della criminalità determinata dallo scollamento sociale; in terzo luogo, dalla perdita di identità sociale e di solidarismo comunitario.
Almeno per quel che riguarda i primi due aspetti – ma numerosi studiosi sono dell’opinione che valga anche per il terzo punto – si può parlare di aumento delle condizioni complessive di rischio.
Si comprende allora il motivo per cui numerosi analisti della società contemporanea abbiano cominciato a parlare senza mezzi termini di “società del rischio”, da Ulrich Beck a Niklas Luhmann, e altri come Zygmund Bauman e Giandomenico Amendola si siano soffermati sulle “paure” della città postmoderna.
Certamente la metropoli continua ad esercitare una forte attrazione centripeta in virtù della sua capacità di centralizzazione economica, finanziaria, commerciale e culturale – basti pensare alla progressiva concentrazione metropolitana delle grandi capitali europee, nordamericane ed asiatiche- soprattutto come destinazione finale di correnti migratorie e degli ultimi scampoli di urbanizzazione della popolazione rurale; non a caso, nel 2009 si è raggiunto il massimo picco di abitanti urbanizzati nel mondo. Tuttavia, cambia il modo di fruire della metropoli, attraverso lacreazione di città satelliti e di centri residenziali extraurbani che a vario titolo e in varia misura cercano di minimizzare gli svantaggi della vita metropolitana attraverso una logica di
conurbazione che garantisce in ogni caso la fruizione infrastrutturale del centro metropolitano.
Una soluzione questa già presente nei progetti di garden-cities dell’urbanesimo anglosassone a cavallo tra ‘800 e ‘900, ma che oggi costituisce la risposta più efficace al gigantismo e alla rischiosità della metropoli industrializzata. Questa ricerca di una migliore qualità della vita urbana si è progressivamente incrociata con la richiesta di una migliore qualità della vita tout court, in termini di risparmio energetico, di alimentazione naturale, di recupero del senso e del gusto della vita di relazione, e soprattutto di sviluppo ecocompatibile, fino a disegnare progetti olistici che ottemperassero complessivamente e contestualmente alla soddisfazione di certi bisogni emergenti.
Negli ultimi venti anni anche in Italia – e in certi casi, fortunatamente, soprattutto in Italia – c’è stata una richiesta sempre più elevata di risparmio energetico, di ecocompatibilità dei materiali da costruzione, di genuinità dei prodotti alimentari (con l’introduzione dell’agricoltura biologica e della logica del “chilometro zero”), di valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche, e più in generale di sicurezza individuale e collettiva.
Queste richieste finora hanno avuto risposte per lo più incomplete.
Nel contesto più propriamente urbano, si sono sviluppate le gathered communities, condomini o interi quartieri fondati soprattutto sulla protezione dal rischio criminalità e devianza attraverso barriere continue e forme istituzionalizzate di controllo del territorio. Sviluppatesi già alla fine degli anni ’80 nel Nordamerica, cominciano a rinvenirsi anche nelle città metropolitane europee e nelle aree più a rischio di queste. In Italia, non mancano di certo: ce ne è anche una a Scampia, a Napoli, ad esempio, ma sono diffuse a Roma, Milano, Torino, Palermo, Bari.
In una logica in parte differente si colloca lo sviluppo ormai pluridecennale dei centri residenziali esterni al circuito urbano, che in qualche modo si ispirano alle garden-cities già ricordate.
In questi casi prevale il desiderio di riavvicinarsi alla natura, di godere del paesaggio, di estraniarsi dalla vita febbrile metropolitana, di avere servizi di qualità – soprattutto sportivi e naturalistici – esclusivi, e di “usare” la città solo sul piano lavorativo e edonistico, senza subirne gli effetti alienanti e dissociativi. Il centro residenziale in realtà si sostituisce talvolta alla villa extraurbana, perché garantisce maggiore sicurezza: in effetti, nel tempo, anche i centri residenziali extraurbani hanno cominciato a sviluppare strategie centralizzate di protezione dai rischi avviando meccanismi e procedure di controllo del territorio. Non prendiamo qui inconsiderazione, ovviamente, altre forme di residenzialità esclusiva extraurbana come le comunità
religiose o tribali (diffuse in Nordamerica) e gli insediamenti produttivi di tipo collettivistico come i kibbutz in Israele.
Il terzo aspetto di questo processo di allontanamento dalla città, e anche il più recente, è costituito dagli ecovillaggi. Nati già da qualche tempo in Australia e poi sviluppatisi negli Stati Uniti, sotto la spinta delle teorie dell’agronomo australiano David Holmgren, questi centri residenziali si fondano sulla condivisione non solo di una condizione di vicinanza sociale, ma anche su progetti di risparmio energetico, di autosufficienza alimentare e di architetture ecocompatibili.
In tal caso, tali comunità contribuiscono non solo a ricreare situazioni di convivenza e di comunità che si vanno perdendo in un contesto metropolitano, ma anche a limitare l’impatto ambientale, a salvaguardare il paesaggio, ad operare nel campo della produzione agricola biologica e a contribuire allo sviluppo di tecnologie che usano energie rinnovabili nell’ottica di uno sviluppo ecosostenibile. Strutture di questo genere non vanno confuse con certi villaggi agricoli sorti negli anni ’30 a seguito della riforma fondiaria del regime fascista – si pensi all’Agro Pontino o ad Arborea in Sardegna – giacché non si tratta di nuclei autoreferenziali sorti con intenti pionieristici, ma di forme di recupero della socialità e di ecocompatibilità in grado di agire beneficamente sul tessuto socioeconomico e ambientale dell’intero territorio, mantenendo uno stretto dialogo con la città.
Lungi quindi dal considerare questi villaggi come “fuga” dalla metropoli e dalla società tecnologica, essi costituiscono piuttosto un complemento alla vita urbana, a cui sono comunque indissolubilmente legati sul piano amministrativo, infrastrutturale, economico, sociale e culturale; senza contare che la compressione spaziotemporale della società postmoderna, come la chiama Anthony Giddens, indotta dallo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e del web, garantisce una continua sinergia sia con il territorio e con il centro urbano di riferimento, sia con il più ampio contesto della società globale. Peraltro, va anche detto che questa forma abitativa extraurbana può essere concepita e progettata anche secondo soluzioni intermedie che prevedono un impegno limitato da parte di alcuni o di tutti i soggetti residenti, nella gestione energetica ed economico-produttiva dell’insediamento.
When in the 1980s people realized how degraded metropolitan life had become in our advanced industrial society, this led to several reflections concerning the quality of urban life and induced designers and policy makers to find some answers to this problem, feeling strongly that alternative housing solutions had to be found.
Basically the crisis of metropolitan life is the consequence of three progressively increasing factors: first of all the atmospheric pollution, due to constantly increasing traffic and the over-use of energy; second the escalation of criminality as a consequence of social disruption; and third the loss of social identity and lack of common solidarity.
As far as the first two aspects are concerned – but some experts think it also concerns the third – it can be called a general increase of risk. One can therefore understand why many analysts of contemporary society, such as Ulrich Beck and Niklas Luhmann, are clearly talking about “risk society”, and others, such as Zygmund Bauman and Giandomenico Amendola, are studying the “fears” of post-modern cities.
Certainly cities still have a strong power to attract people, as they offer economic, financial, commercial and cultural centralisation – it is sufficient to consider the progressive metropolitan concentrations in the big European, North-American and Asiatic capitals, often the final destinations of migratory flows and of movements of the rural population from the country to the towns. In fact in 2009 the number of urbanized people in the world reached its maximum. However, the way people relate to cities is changing. Residential areas and satellite districts out of town have been created in order to minimize the problems of metropolitan life, but to offer at the same time the advantages of the infrastructures of the cities. This solution had already been contemplated with the garden cities of the English urbanization projects between the end of the 19th and the beginning of the 20th century, and can today be considered the best response to the urban sprawl and the danger of industrialised cities.
This pursuit of a better quality of urban life increasingly coincides with the general demand for better life quality also in other senses, such as energy saving, natural nutrition, rediscovering the sense and the taste for social life, sustainable development; all these emerging necessities have to be considered in designing new projects. During the last 20 years also in Italy – and fortunately in some cases mainly in Italy – the demand for renewable energy, for ecological building materials, for genuine food (deriving from organic farming and local production), for valorisation of cultural resources and preservation of the environment and, more generally, for individual and common security has been constantly increasing. Until now the responses to this demand have been mostly inadequate.
In the urban context gated communities have been developed, in some cases extended to entire town districts, the primary purpose of which was defence against criminality and deviances by building barriers and organising forms of control of the territory. In North America settlements of this kind have existed since the late 1980s, but today they can also be found in particularly risky areas of European towns. There are some also in Italy, one in Scampia, for example, or in Naples, but also in Rome, Milan, Torino, Palermo, Bari.
With a partly different logic in recent decades residential areas, in some ways similar to the already mentioned garden-cities, have been built outside the town centres. In this case the principal purpose is to come into contact with nature, to enjoy the countryside, to escape from the stress of city life, to have better facilities - especially concerning sports and nature and to “utilize” the city only in a working and hedonistic context, without suffering its soul-destroying and dissociative effects. These residential areas are in fact a safer alternative to the country villas, as common strategies of protection from eventual risks can be implemented by keeping the area under control. In this context we obviously will not consider special and exclusive forms of residential communities, such as religious or tribal communities (diffused in North America), or the Israeli kibbutz, which are mainly cooperatives with the aim of agricultural production.
The third and more recent aspect of this process of withdrawal from towns is represented by the ecovillages. These were first developed in Australia some time ago and later in the United States according to the theories of the Australian agronomist David Holmgren. The idea of these residential communities is based not only on life in a social context, but also on energy saving, alimentary self-sufficiency and eco-compatible architecture. These communities not only contribute to create situations of cohabitation and communal living that are becoming lost in the metropolitan context, but also to limit the environmental impact, to safeguard the environment, to operate in the field of biological agricultural production and to contribute to the development of technologies that use renewable energy in the light of eco-sustainable development.
This kind of settlement must not be confused with some rural settlements built in Italy in the 1930s as a result of a land reform decided by the Fascist regime – as for example the Agro Pontino in Latium or Arborea in Sardinia. There are no pioneering intentions in these projects, but the aim to regain social interaction and eco-compatibility in order to benefit the social-economic and environmental tissue of the whole territory, keeping at the same time a close contact with the city. Far from the idea of representing a form of “flight” from towns and technological society, these settlements are intended to be complementary to urban life, to which in any case they are indissolubly bound under administrative, infrastructural, economic, social and cultural aspects. Without taking into consideration that the time-space compression of the post-modern society, as it is called by Anthony Giddens, induced by the development of communication technologies and the web, guarantees a continuous synergy both with the environment and with the relative urban centre, as well as with the wider context of the global society. Therefore it should also be said that this form of extra-urban habitation can be conceived and programmed also according to intermediate solutions, which foresee a limited commitment on the part of some or all of the residents, in the management of the energetic and economic production of the settlement.
Prof. Francesco Mattioli
Ordinario di Sociologia
Università La Sapienza di Roma
Many thanks Professor!
art by Moebius