Walter Gropius , Adolf Mayer / Casa Sommerfeld / Berlin Dahlem / 1920 - 21 "Per il Gropius della Sommerfeld - scriveva Argan - Wright è rimasto l'eroe della profezia di Morris: al di là della tematica delle orizzontali e delle cornici risentite, l'interesse va alla materia rustica, alla carpenteria, al lavoro d'accetta e di sgorbia. In quell'immediato dopoguerra un richiamo alla tradizione e alla manualità artigiana poteva avere più di un motivo: protesta contro la falsa scienza accademica, reazione morale ai misfatti recenti della "civiltà delle macchine". E basterà appena ricordare come tutta la tradizione dell'architettura dell'Europa del Nord, sia in fondo una tradizione lignea che doveva, nella antica Fachwerkhaus, trovare il linguaggio più caratteristico del paesaggio edilizio tedesco. Gropius combina il ricordo della tematica di Wright - le cornici orizzontali, i tetti sporgenti, il padiglione, la decorazione di triangoli - con questa tradizione che esalta la logica costruttiva, i nodi e gli incastri portandoli a tema decorativo, facendone oggetto di scultura. Di nuovo c'è una certa tensione delle orizzontali, la mancanza di pannellature di intonaco, la franchezza naturalistica del "tutto legno". Non era questo un riproporre l'antica tesi illuminista che l'architettura derivasse dalle capanne? Nella forte carica emotiva che la piccola opera sopporta a mala pena per una questione di scala, trasferendo in una villetta borghese il senso di un antico tempio shintoista, sta l'anticipazine del problema specifico di Gropius della esperienza artigiana. Gli interni che non sono autografi, ma che per la singolarità e l'impegno di gusto non rappresentano certo una sovrapposizione del volere del cliente rispetto alla impostazione dell'architetto, ma piuttosto la continuazione e, se vogliamo, la esasperazione, sono anche più scoperti nell'accostamento dei triangoli wrightiani con quello spinato di doghe di legno che era nella tradizione della falegnameria gotica e che farà tanto furore nell'arredamento novecentesco. Per questi motivi la casa Sommerfeld è un episodio di cui egli stesso si è forse voluto dimenticare, espungendola dalla documentazione così minuziosa e particolareggiata che l'abbondante letteratura gropiusiana è solita riportare". picture by myself "La casa Sommerfeld a Berlin - Dahlem è andata distrutta: per una semplice ragione, che era costruita tutta in legno, unica nell'ordinato e signorile quartiere di ville, rimasto intatto tra i pini. C'è al suo posto un'altra villa in legno con poche mura di pietra in una edizione semi - californiana. Così come la fenice nata dalle sue ceneri, ma senza la qualità e la tensione spirituale di Gropius, si sono conservati due elementi: il legno e l'influenza americana". brani tratti da: A. Borsi - G.K. Konig "Architettura dell'Espressionismo" / 1967 Joost Schmidt / balaustra Marcel Breuer / poltroncine Dorte Helm / tenda con applicazioni Josef Albers / vetrate policrome per il vano scale Marcel Breuer / tavolo immagini / bauhaus archiv " Il Monumento ai Caduti di Weimar (1921) è una scultura architettonica in cemento avvolgente lo spazio secondo un andamento a spirale geometrica in un insieme di piani triangolari compenetrantisi. Il cemento offre la possibilità di realizzare l'inquieta geometria che era comune al gruppo, che si ritrova in Max Taut e in Hablik e che ha come matrice la geometria naturale dei cristalli. ma per Gropius si tratta più che di riferirsi ad una compenente naturalistica, di fare un esperimento di rapporti tra forma e movimento. Se la nota fotografia (sopra) suggerisce il senso di un dinamismo in atto, colto in un momento di particolare tensione e quasi sospeso, la pianta dà invece appieno la misura di come nell'immagine plastica venga coinvolto uno spazio esterno vissuto dall'osservatore: e come la monumentalità sia affidata a questo elemento squisitamente architettonico, con una dinamica ben rara nei temi celebrativi". Arbeitsmodell zum Denkmal der Märzgefallenen auf dem Weimarer Hauptfriedhof.
Walter Gropius 1921 © VG Bild-Kunst, Bonn 2012. Bildnachweis: Klassik Stiftung Weimar Tlaloc (Mexican Rain God) / woodcut / 1944 Multiplex A / woodcut / 1947 Structural constellations / 1950 Structural constellations / 1958 Josef Albers inspecting proof at Tamarind / 1962
Josef Albers mentre discute sulle "sculture di carta" presentate dai suoi studenti durante il corso preliminare alla Bauhaus di Dessau / 1928-1929 Così il pittore Hannes Beckmann descrisse la sua prima esperienza: "Ricordo come se fosse ieri il mio primo giorno di lezione: Josef Albers entrò in classe con sotto il braccio un pacco di giornali che fece distribuire agli studenti. Poi si rivolse a noi più o meno in questi termini: "Signori e signore, noi siamo poveri, non ricchi. Non possiamo dunque permetterci in alcun modo di sprecare materiale e tempo. Dal peggio noi dobbiamo saper ricavare il meglio. Ogni opera d'arte si compone di un materiale iniziale ben preciso e quindi noi dobbiamo per prima cosa vedere di che cosa è fatto questo materiale. A questo scopo vogliamo servircene per fare alcuni esperimenti, senza la pretesa di vole già 'creare' qualcosa di preciso. Per il momento dobbiamo anteporre la destrezza alla bellezza. La forma dipende dal materiale con cui lavoriamo. Riflettete sul fatto che spesso si ottiene di più facendo di meno. I nostri studi vogliono essere uno stimolo per un modo di pensare che ha come punto di arrivo il momento costruttivo. Mi avete capito? Adesso io vorrei che voi prendeste in mano i giornali che avete ricevuto e ne faceste qualcosa di più e di diverso da ciò che essi ancora sono e rappresentano. Vorrei anche che voi rispettaste il materiale facendone un uso sensato e tenendo presenti quelle che sono le sue proprietà. Se voi pensate di poterlo fare senza servirvi di coltelli, forbici e colla,tanto meglio. Buon divertimento!". Fece ritorno qualche ora dopo e ci chiese di sistemare per terra, davanti a lui, i risultati dei nostri sforzi. Come per incanto si materializzarono maschere, barche, castelli, aerei, animali e numerose altre piccole ed ingegnose creazioni. Albers liquidò il tutto come roba da asilo e aggiunse che le stesse cose si sarebbero potute fare molto meglio con altri materiali. Poi mostrò una 'creazione' molto semplice eseguita da un giovane architetto ungherese. Costui non aveva fatto altro che piegare il giornale per lungo facendolo stare in piedi sì da farlo sembrare un'ala. Josef Albers ci spiegò come in effetti le proprietà del materiale fossero state ben afferrate, come lo stesso fosse stato ben lavorato e come fosse naturale piegare soprattutto la carta in modo da far diventare un materiale tanto cedevole abbastanza rigido da consentirgli di stare in piedi proprio laddove esso è più sottile, cioè al margine. Inoltre, egli aggiunse che un giornale poggiato sul tavolo presenta solo un lato visibilmente 'attivo', mentre il resto rimane invisibile. Aggiunse anche che la carta, una volta raddrizzata, presenta due lati visibilmente attivi, e che in tal modo essa perde il suo noioso e molle aspetto esteriore." Lavoro con la carta eseguito da Gustav Hassenpflug durante il corso propedeutico di Josef Albers nel 1928. Grazie a tagli e piegature quanto mai ingegnose il foglio di carta è assolutamente stabile. Non c'è scarto. Forma positiva e forma negativa sono parti equivalenti della soluzione adottata, formalmente ineccepibile, che non a caso ha per titolo "illusione di compenetrazione" . bauhaus archiv / magdalena droste
Josef Albers ritratto nel 1928 da Umbo nel suo studio di Dessau con l'ultimo modello della poltroncina in tubi d'acciaio di Marcel Breuer. Alla parete un quadro di Albers del 1927.
photo by László Moholy-Nagy / Bauhaus balconies / Dessau / 1925-28 photograph by Marianne Brandt to Josef and Anni Albers on the balcony of the Prellerhaus / Bauhaus Dessau / 1928
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April 2020
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